Arredare una stanza è scrivere una scena di una storia.
Arredare più stanze è scrivere un episodio di una storia.
Arredare una casa è scrivere una storia.
Già da piccola volevo studiare cinema, mi sembrava il modo migliore per raccontare le storie. I miei non vedevano molto bene questo mio progetto, avrebbero preferito che studiassi qualcosa di “più concreto” che mi permettesse di guadagnare da vivere. Così ho studiato lingue e letterature straniere, senza laurearmi perché nel mio paese è iniziata la guerra e sono venuta in Italia. Ma proprio la conoscenza delle lingue un giorno mi ha spalancato le porte del meraviglioso mondo dell’architettura e del design. È stato amore a prima vista. Prima ancora di comprendere in che storia ero finita, mi sono trovata seduta in uno studio milanese, intorno a un grande tavolo pieno di campioni e disegni architettonici dove i creativi, avvolti dal fumo di sigarette, spiegavano le loro idee ai clienti e agli impresari edili stranieri. Sì, mi occupavo di traduzioni e interpretariato all’interno di grandi team internazionali. Devo tanto agli architetti: traducendo i loro progetti ho imparato e ho viaggiato molto. Ho gioito assieme a loro per le cose belle e ho sofferto per i loro insuccessi. Per un creativo non è facile “raccontare” la propria opera. Facendo parte dei team progettuali un giorno un architetto mi ha chiesto di scrivere un racconto sul progetto che stavamo per presentare. Ho iniziato così a scrivere le sceneggiature del design, cercando di dare un valore aggiunto al progetto. I progetti finiscono, i progettisti cambiano. Quello che resta è la vera passione per il disegno, la luce e lo spazio. E resta l’amore per il bello che vedo intorno a me ogni giorno.